domenica 11 ottobre 2009

19 giugno VISEU - GUARDA

Sulle orme di Saramago

Sono seduto su una panca della Sè; guardo le volte a crociera e i pilastri nervati, i muri perimetrali messi a nudo dagli uomini, se non dal tempo... e ascolto una musica soave (forse Bach) che esce dagli altoparlanti e rimbalza contro le pietre che prima ho detto. C'è una bell'atmosfera, anche con il cantiere del chiostro vicino e gli operai che parlano e le cose che cadono. Ho saldato il conto all'hotel, dopo colazione, e mi sono avventurato con la Clio su per le pietre grezze della città vecchia, che pare un tutt'uno col suolo gibboso. Ma poi non ho trovato un parcheggio e sono ridisceso al Rossio.
Oggi il cielo è in gran parte velato e l'aria è ancora fresca. Girando la Sè, non riesco a vedere il battistero, nel transetto di destra, perché è chiuso da una grata di ferro. Se avessi con me la pila che ho in valigia, ne avrei giustificato il peso aggiuntivo. Vedo invece i nodi nelle nervature centrali del transetto (volte) e decido che la musica è di Vivaldi.
L'altare centrale o maggiore è degli anni '90, opera di un certo Luis Cunha, che non meritava di essere citato, ma si devono citare anche gli orrori (ci sono piramidi in ogni vista ortogonale!) e sperare che non si ripetano, pure in questa Terra così ricca di bravi architetti.
L'aria diventa nota; peccato non conoscere la musica per trascriverla. Come potrò fidarmi della memoria per trovare conferma alle mie supposizioni? (infatti, tornato a casa, per quanto mi sforzi, non ricordo neppure un pezzetto di quella soave armonia).
Nel chiostro gli uomini con idropulitrice, spazzole e acqua nettano le pietre dai muschi e dalle macchie del tempo. Al primo piano altre persone riparano o rifanno il soffitto a cassoni della loggia. Le forme del chiostro sono rinascimentali italiane, anche se qua i tempi non corrispondono. Altro non è visibile causa i lavori in corso. Così non ho corso il rischio di incontrare la guida, abilissima nei giochi di parole e in sciocchezze, che tanto aveva intristito e incupito il Viaggiatore.
Essendo lunedì, il museo Grao Vasco è chiuso (avevo avuto una bella idea ieri...) e dunque non resta che riprendere l'auto (anche perchè il biglietto orario sta' per scadere).

Alle 13 sono seduto nella Clio in un parcheggio nel Rossio di Mangualde. Sono arrivato qua dopo immemorabili peripezie poiché i cartelli stradali, si insomma le segnalazioni viarie, sono evidentemente un'opzione sulle strade locali, in quanto si suppone che i locali sappiano cosa fanno e dove vanno, a differenza dei turisti, che per loro ci sono le autostrade!
Vorrei mangiare, visto che il paese offre ben poco dal punto di vista artistico (la mappa dell'officina del turismo è una fotocopia artigianale di chissà quante altre copie, prima di risalire alla mappa originale...); ma l'unico locale che mi garba è pieno di gente, evidentemente in pausa di lavoro. Allora do' fondo alle mele di Ovar e riparto. Mezz'ora dopo però mi fermo all'entrata di Gouveia, alla trattoria "A Brasa" cucina regionale, che, fino ad impugnare la maniglia dell'ingresso, temevo potesse trattarsi solo d'un miraggio. Scelgo il "plato del dia" perché ho premura: caprito au forno con patate e riso. Sarà la fame, ma va giù di gusto; peccato che non posso annaffiarlo col vino, dovendo ancora guidare fino a Guarda. Il tutto poi, compreso il caffè, per soli 1000 scudi.

Sono seduto sulle mura del castello di Linhares e, invece del magnifico panorama dei monti e delle valli, racconto di come mi sono riempito le budella!
E' una giornata strana, c'è caligine e le nuvole si alternano al sole, le rondini volteggiano caotiche sopra i resti del castello. Il paese è quasi come una volta; anche gli abitanti lo sono: nei loro vestiti fuori moda. Voglio scendere a vederlo meglio. L'ho attraversato in auto, ma poi mi sono pentito e quasi vergognato di vederlo così, su quattro ruote: queste sono strade fatte dall'uomo per l'uomo; allora ho posteggiato fuori del paese, come una volta facevano tutti i forestieri col loro carro o cavallo.

Questa all'incirca è la pianta della Sè di Guarda. Rispetto quella di Viseu, identica nelle tre dimensioni spaziali, questa è goticamente aspirata verso l'alto. C'è un'aria ammuffita come in certe cantine, solo che manca l'odore profano del vino, sostituito da quello delle candele, forse sacro ma non altrettanto piacevole. I sei altari laterali sono chiaramente successivi e d'ispirazione rinascimentale. Nell'insieme in ogni modo l'atmosfera sembra ancora quell'originaria (luce compresa). Ho fatto il giro da fuori per descrivere il perimetro esterno, ma non è facile coi lavori in corso. Così sono finito seduto nel tavolino, molto instabile, di un bar sotto un portico a sorseggiare una cerveja. Ai tavoli molti giovani; ne ho visti tanti all'arrivo in città, come all'uscita da una scuola. Dovremmo però essere fuori stagione e fuori fascia oraria... ci sono tavoli di soli maschi e tavoli di sole femmine, ma anche qualche comitiva mista.
Poche persone di colore fino ad ora; invece anno scorso, al sud, ne ho incontrate molte. Una di queste poche pregava e piangeva in Sè, incurante degli sguardi interessati; poi all'uscita c'era un'auto che l'aspettava, con un bianco alla guida.
Torniamo alla Storia: di fronte ad un D. Sancho I di bronzo con una plastica degna del periodo brezneviano. Il portico invece è una specie di "sottoportego" veneziano, alto poco più di 2 metri, sorretto da colonnine di granito, in un ordine architettonico indefinibile, ma che vorrebbe essere classico. Pure loro avrebbero bisogno delle cure degli uomini con acqua e raspini che faticavano stamattina nel chiostro di Viseu.
Sono quasi le 19 e non ho voglia di trovarmi un alloggio per la notte. Ho già visto sulla strada quello prefissato, ma mi pare troppo costoso e fuori mano. Osservo un tale, non più giovanissimo, che da' da dire a tutte quelle che passano, basta abbiano un po' di fisico. Il cameriere è un ragazzo pettinato alla Tin-Tin. Insomma la birra è finita, è l'ora di andare.

Quello che avevo visto, all'ingresso della città, era solo un cartello, l'hotel è molto più vicino al centro ed inoltre non è caro. Certo denuncia un po' i segni del tempo, ma conserva un certo fascino. Le camere sono vetuste, ma pulite; la piscina invece è quasi uno stagno, di un colore verdastro. Peccato. Nella stanza 323 c'è pure il terrazzo e la TV con RaiUno e RaiDue. Arrivo giusto in tempo per la partita Italia-Svezia; mi stendo sul letto e mi rilasso. Nell'intervallo faccio una doccia tonificante. Intanto l'Italia vince 2-1. Mi vesto pesante, perchè siamo a più di 1000 metri di quota (con tutti questi saliscendi non mi ero reso conto della cosa, fino a quando, in bagno, non ho sfogliato la guida: la più alta città portoghese!) e vado a mangiare in un locale che ho adocchiato oggi pomeriggio.
Volevo provare anche il ristorante dell'hotel de Turismo, perché penso sia quello del Viaggiatore imprudente, quello della storia del capo-cameriere e della sorella morta a 7 anni, ma non ne sono sicuro; e se fosse morto anche il cameriere?
Al Belo Horizonte mangio cose d'altri tempi (Chourizada à Regionals) tanto grasse, perché allora non c'era il riscaldamento e si lavorava sodo. Non contento, finisco pure con una mousse de chocolate.
Cammino un poco per digerire, ma è davvero freddo e non vorrei bloccare l'intestino, che ha già qualche serio problema a legare il porco col cioccolato!
In camera ho 23°C; stanotte dormirò beato!

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